Il disagio, la frustrazione, la scarsa fiducia in se stessi, la demotivazione e i problemi della condotta sono una conseguenza delle difficoltà di apprendimento, perché il bambino si rende conto di quanto sia faticoso per lui imparare nonostante l’impegno.
Spesso sono bambini rimproverati o puniti dai genitori e dall’insegnante, che sono soliti dire:
“Se si impegnasse di più, avrebbe maggiori risultati”
“E’ un bambino intelligente, ma è svogliato”
“Non studia, non si applica”
Non studiare non è la causa, ma la conseguenza delle difficoltà di apprendimento. Ecco perché è importante diagnosticare precocemente tali difficoltà ed intervenire con trattamenti specifici.
Vediamo ora alcune tipiche manifestazioni dei disturbi dell’apprendimento.
Difficoltà nell’elaborazione linguistica: quando l’insegnante pone una domanda alla classe, il bambino con DSA non elabora immediatamente la risposta, ma continua ad elaborare la domanda ed arriva alla risposta molto dopo gli altri bambini. Ha la sensazione che tutto vada molto velocemente e, mentre lui è ancora impegnato nel cercare la risposta, la lezione è già andata avanti. Il bambino con tale disturbo è convinto che gli altri parlino molto velocemente, ma in realtà è lui che ha problemi nell’elaborare le informazioni che gli giungono.
I tempi di attenzione sono diversi da quelli dei bambini senza disturbo: i bambini con DSA sono facilmente distraibili. Non riescono a concentrarsi su un singolo stimolo, ma sono attratti da tante altre cose contemporaneamente.
Percezione visiva: il bambino con DSA ha difficoltà a percepire correttamente uno stimolo; vede, ma non dà il giusto significato a ciò che osserva. Tale carenza viene spesso confusa con una mancanza di motivazione, ossia ciò che ci permette di fare al meglio quello che sappiamo già fare. I problemi specifici dell’apprendimento non hanno nulla a che vedere con la scarsa motivazione, perché causati da un problema di percezione. Il bambino con DSA si sente demotivato come conseguenza delle sue difficoltà. Si sente inoltre frustrato dal fatto che pensa di essere l’unico a non capire un compito che i suoi compagni risolvono senza troppe difficoltà.
Messaggio sbagliato dagli organi di senso: il bambino può presentare difficoltà nella percezione visuo-motoria, perché riceve un’informazione dagli occhi e una diversa dagli altri organi di senso, ecco perchè una delle principali difficoltà cui va incontro è scrivere.
Disnomia: il bambino con DSA può eseguire un compito cognitivo alla volta. Quando deve raccontare qualcosa, non riesce a trovare le parole adatte, “ce le ha sulla punta della lingua”, perché tale recupero è una operazione costituita da due processi cognitivi: immagazzinamento e recupero dell’informazione. Una persona che non presenta un disturbo dell’apprendimento riesce a fare più attività contemporaneamente: guidare e parlare per esempio, perché tali attività sono automatiche. Il bambino con DSA riesce a fare solo un compito cognitivo alla volta, perché tali attività non sono automatiche ma richiedono un grande sforzo da parte sua. Il bambino quindi ha bisogno di più tempo per svolgere un compito rispetto agli altri e questo gli provoca molta ansia.
Leggere e decodificare: il bambino con un disturbo specifico dell’apprendimento ha difficoltà nel percepire la differenza delle lettere a seconda della posizione spaziale; confonde “p”, “d”, “q”, “b” e non riesce a seguire le righe mentre scrive. Per cui leggere e comprendere il testo risulta difficile per lui.
Comprendere le istruzioni scritte (2° compito cognitivo): quando il bambino legge tutte le sue energie sono già state spese per la decodifica del testo (1° compito cognitivo) a spese della comprensione. Può però capire e imparare ascoltando: è perciò importante avere materiale verbale inciso su cassette. Non riuscendo a copiare dalla lavagna si potrà fargli una copia degli appunti presi dai compagni.
Trattamento dei disturbi dell’apprendimento
La diagnosi di un disturbo dell’apprendimento dovrebbe essere svolta alla fine della II elementare (II anno della scuola primaria) anche se già nel corso dell’ultimo anno della scuola materna e della I° elementare si possono anticipare alcune valutazioni con l’obiettivo di realizzare attività didattiche-pedagogiche mirate a potenziare le abilità deficitarie.
La diagnosi deve essere fatta da specialisti esperti, mediante specifici test che consentono di evidenziare il problema in modo specifico e personalizzato ed evitare gli errori più comuni come colpevolizzare il bambino e l’attribuire la causa a problemi psicologici, errori che generano demotivazione e frustrazione e sul lungo periodo bassa autostima, abbandono scolastico, ecc. Il professionista dovrebbe compilare un documento scritto indicando il motivo dell’invio, i test utilizzati e la diagnosi conclusiva.
La diagnosi permette di ottenere e realizzare aiuti mirati, programmi di riabilitazione e semplici provvedimenti di modifica della didattica che danno ai ragazzi dislessici gli strumenti adatti ad imparare e previsti dalla legge: tempi più lunghi, l’uso della calcolatrice e/o del computer. Tali provvedimenti devono poter essere utilizzati anche nei momenti di valutazione, compresi gli Esami di Stato.
Chi è affetto da dislessia non è meno capace, ha solo un modo diverso di imparare.
Il percorso successivo alla diagnosi è personale e individualizzato a seconda dell’età, delle abilità riscontrate, del livello in cui è presente il disturbo.
È molto importante la collaborazione con la scuola per dare il massimo sostegno a bambini e bambine con queste difficoltà e alla famiglia. Importante anche il sostegno psicoterapeutico per gestire il carico emotivo. La terapia cognitivo comportamentale resta il trattamento preferenziale.
Non si deve dimenticare che la dislessia è un disturbo che di solito viene scoperto in età evolutiva, ma continua anche in età adulta. Le ricerche in queste fasce di età sono purtroppo ancora scarse, ma enti internazionali riportano dati sulla permanenza delle difficoltà di lettura, scrittura, comprensione, eccetera anche con la crescita e la maturità. I risultati sono naturalmente correlati alle abilità iniziali, per cui una maggiore gravità del disturbo corrisponde ad una permanenza più marcata.
Fonte: iwatson.com
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