L’autolesionismo è un disturbo molto diffuso tra gli adolescenti e vede il soggetto procurarsi tagli e ferite sul corpo usando forbici, coltelli, chiodi, pezzi di vetro o qualsiasi altro oggetto che possa avere una finalità di questo tipo.
Qualsiasi tipo di autolesione ha come obiettivo quello di concentrarsi sul dolore fisico e non sentire quello emotivo. Tagliarsi dà l’illusione di sollievo, quasi euforia e questa sensazione crea quella dipendenza per cui l’adolescente ricorre a questa pratica per buttare fuori i dolori emotivi che gli pesano. Ogni cicatrice è qualcosa che la persona non riesce ad esprimere a parole.
Qual è la causa?
E’ difficile indicare una causa univoca che spinge l’adolescente ad utilizzare il proprio corpo in questo modo. Spesso sono un insieme di cause a provocare questi impulsi.
L’incapacità di affrontare situazioni di stress, incapacità di esprimere le proprie emozioni, il voler in qualche modo attirare attenzione per esprimere un disagio o una difficoltà interiore. Spesso può capitare anche che l’appartenenza ad un gruppo incrementi il ricorrere a questa soluzione, ci si sente compresi da chi cerca di risolvere le proprie sofferenze allo stesso modo.
Dinanzi a questo tipo di disturbo la persona ha solo bisogno di qualcuno che possa non giudicarla ma comprenderla perché provocarsi tagli e ferite fino a quel momento si è rivelato l’unico modo per convivere con i problemi e continuare a vivere. Reagire con disgusto o colpevolizzare la persona non aiuta di certo ad uscirne anche perché ne è la prima a provare vergogna per questo.
L’aiuto di un terapeuta o di un gruppo di sostegno può essere la cosa più sensata da fare in questi casi.
Solitamente l’approccio terapeutico tradizionale prevedeva la razionalizzazione delle emozioni negative portate in terapia dal paziente. Più attenzione invece è stata data alle emozioni positive e ciò ha condotto alla terapia Dialettico-Comportamentale dove per i pazienti con difficoltà a regolare le proprie emozioni vengono prese in considerazione le emozioni positive e il loro sviluppo in terapia.
In questo modo un linguaggio positivo può aiutare il paziente a ridurre gli effetti delle emozioni negative e lavorare su strategie utili per far fronte a questo tipo di emozioni in una modalità diversa da quella cui era solitamente abituata il paziente.
“L’accesso alle emozioni positive aiuta ad attuare una “ristrutturazione cognitiva” dell’evento che ha portato il paziente a compiere atti autolesivi. Il paziente così ha la possibilità di vivere l’evento come meno pericoloso e fonte di minor stress e attivazione fisiologica”.
[fonte stateofmind.it]
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