Chi ne soffre crede di essere molto fragile e incapace di farcela da solo, ma in tutti esiste una forza nascosta che deve solo emergere: ecco come.
“E adesso che sono da solo, come farò?”; “Ho bisogno di persone su cui poter contare”; “Per fortuna che c’era lui, se no chissà come avrei fatto!” e via dicendo. Sono solo alcune delle espressioni tipiche di chi vive se stesso come fragile, bisognosa di “appoggi” esterni, non autosufficiente a livello emotivo. Una percezione di sé che ha certo radici lontane nel tempo, e che obbliga chi la vive a stabilire dei rapporti di forte dipendenza psicologica da altre persone. Un obbligo che limita fortemente le libertà di scelta e di azione e che inquina talora irrimediabilmente la qualità sia della vita della persona, sia le relazioni con le “figure di riferimento”. Ma questa fragilità così limitante può svanire davvero, se siamo disposti a “sperimentare” un altro sguardo su noi stessi. Come fare?
Tutti sono fragili e forti.
Le persone che si considerano più fragili, dipendenti e bisognose spesso sono proprio quelle che nei momenti più difficili si dimostrano forti e determinate: ad esempio dover prestare soccorso, restare lucidi quando qualcuno ha bisogno, offrire presenza e aiuto in condizioni anche impossibili. Situazioni con due caratteristiche significative.
– Sono estreme e urgenti, cosa che fa dimenticare alla persona “fragile” di essere fragile e la fa dunque agire per come è e non per come pensa di essere;
– Riguardano gli altri, cosa che consente alla persona di mettere la sua esperienza di “fragilità” al servizio di chi soffre e di chi ha bisogno: chi meglio di loro può comprendere il disagio?
Se la fragilità è soprattutto un idea (sbagliata) di sé.
Esistono situazioni reali nelle quali il cervello dell’insicuro produce una “chimica” della sicurezza, della forza e dell’autonomia. Non è un segreto che chi soffre d’ansia o di panico non ha mai una crisi davanti a una persona che a sua volta ha un attacco di panico: anzi, lucidamente la aiuta a superare quel momento, diventando per lei un forte punto di riferimento. Ciò dimostra che l a fragilità è un’idea, è il modo in cui nel tempo abbiamo imparato a guardarci, uno sguardo deviato prodotto in altri tempi da un’altra coscienza, quella sì più fragile. Appena si abbandona quell’idea, l’autonomia sgorga con la sicurezza dell’energia vitale.
Nella dipendenza spesso ci si crogiola.
Purtroppo le esperienze di forza e autonomia che la persona fa in condizioni “estreme” non “sedimentano”, non creano un’autostima stabile: non bastano a cambiare un modo di essere. Anche perché nella dipendenza c’è comunque una sorta di comodità e di compiacimento.
Ognuno si sceglie i suoi riferimenti: genitori, fratelli maggiori, partner, amici, maestri, guru, che diventano così, volenti o nolenti “salvagente” àncore, appoggi, appigli, guide o stelle polari per vite che non hanno imparato a esistere sulle proprie gambe. Occorre perciò un “lavoro attivo” su se stessi che cambi le cose, perché il cervello – che sceglie sempre la cosa che trova più comoda, o la meno dispendiosa – lasciato a se stesso continuerà al solito modo.
Alla scoperta della forza innata.
Se decidiamo di cambiar rotta dobbiamo essere consapevoli che all’inizio occorrerà un grande sforzo di volontà e di costanza. Sembrerà certamente difficile pensarsi più forti, ma in realtà non si tratta che provare: non è vero che ci vogliono anni per liberarsi da questa idea di se stessi. Possono bastare pochi momenti di autonomia vissuti consapevolmente per fissare in noi la percezione della nostra naturale capacità di stare al mondo e della nostra forza innata.
Le cose da fare se dipendi dagli altri.
– Fai qualcosa da solo: ricavati momenti e spazi in cui non è presente la persona a cui di solito ti appoggi.
– Non spostare la dipendenza: Nel creare ambiti solo tuoi stai attento a non riproporre il solito schema: tu che ti appoggi a un’altra figura “forte e carismatica”.
– Riscopri i tuoi interessi: ci sono cose che appartengono al tuo talento, vecchie passioni da ritrovare oppure nuove da scoprire. Sii disponibile e curioso.
– Fa ciò che ti piace: nello sperimentarti come “persona singola”, senza “stampelle”, fai cose che ti appassionano. Il tuo cervello attingerà a un’energia capace di ampliare i suoi limiti.
– Via i sensi di colpa: se per anni ti sei appoggiato a qualcuno – che dunque era disponibile – potresti sentire di tradirlo se non ti appoggi più. Non importa: scoprirai se ti vuole bene o se il tuo bisogno di lui serviva alla sua autostima.
Fonte: riza.it
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